venerdì 10 aprile 2009

La valutazione dell’avviamento

L’avviamento di un’azienda, secondo la giurisprudenza odierna, è un bene immateriale che costituisce parte integrante dell’azienda stessa, ed è inscindibile da un altro bene immateriale dell’azienda stessa, ovvero la clientela. Avviamento e clientela non possono essere separati né avere esistenza propria autonoma l’uno rispetto all’altra. Avviamento e clientela, pur essendo inscindibili, costituiscono due entità distinte.
L’avviamento sostanzialmente è un concetto che serve a rappresentare il fatto che l’impresa ha una capacità di produrre redditi nel tempo e soprattutto che tali redditi generano utili superiori a quelli ordinari. Gli utili superiori a quelli ordinari, tecnicamente prendono il nome di “extra profitti”. In pratica l’avviamento porta dentro di sé il concetto di potenzialità, perché è un indice che rappresenta il potenziale dell’azienda nel produrre redditi ed extra profitti in futuro.
Tale capacità è dovuta al fatto che l’azienda è un “sistema” di fattori che tendono ad un obiettivo, dove per sistema si intende un insieme “organizzato”. Organizzazione si riferisce al fatto che i fattori che compongo l’azienda sono tra loro collegati ed interdipendenti perché esistono delle relazioni ben precise tra di essi. E’ proprio l’organizzazione dei fattori che permette (o dovrebbe permettere) di ottenere utili superiori a quelli che si genererebbero mettendo a reddito sul mercato i singoli fattori al tasso di remunerazione attuale.

Chi acquisisce un’azienda, riconosce alla parte cedente un valore di avviamento, cioè un compenso per ripagare il fatto che l’azienda ha un insieme di fattori intangibili che si configurano tecnicamente come la potenzialità di produrre reddito e utili. Per un’azienda acquisita l’avviamento in questo case è “derivativo” perché viene trasferito a titolo oneroso dalla vecchia alla nuova proprietà
Per un’azienda fondata ex-novo l’avviamento si dice invece “generato” perché è la conseguenza di una gestione aziendale efficiente.

La stima dell’avviamento di un’azienda deve inoltre tener conto del fatto che è importante distinguere tra avviamento soggettivo ed avviamento oggettivo a seconda che esso dipenda o meno dalle caratteristiche personali dell’imprenditore. La parte soggettiva dell’avviamento non è trasferibile in un’operazione di compra/vendita aziendale.

Ad essere trasferibile è invece la parte oggettiva dell’avviamento cioè quella che non dipende dalle qualità dell’imprenditore ma più specificatamente da:
  • marchi
  • brevetti
  • know how
  • rete commerciale
  • presenza sul mercato
  • portafoglio clienti
  • etc.


Aspetti fiscali della valutazione dell’avviamento

Da un punto di vista fiscale, dobbiamo precisare che l’avviamento, se è rilevato, non è oggetto di tassazione autonoma, ma costituisce una componente dell’azienda della quale ha concorso a formare il valore, in altre parole l’avviamento è oggetto di tassazione in maniera cumulativa all’azienda se si realizzano plusvalenze. Adesso facciamo un esempio: parliamo di cessione d’azienda.
L'Amministrazione Finanziaria è legittimata a procedere in via induttiva all'accertamento del reddito da plusvalenza patrimoniale relativa al valore di avviamento, realizzata a seguito di cessione di azienda, sulla base dell'accertamento di valore effettuato in sede di applicazione dell'imposta di registro, ed è onere probatorio del contribuente superare (anche con ricorso ad elementi indiziari) la presunzione di corrispondenza del prezzo incassato con il valore di mercato accertato in via definitiva in sede di applicazione dell'imposta di registro, dimostrando di avere in concreto venduto ad un prezzo inferiore.
La Cassazione (sentenza n. 19830 del 18 luglio 2008) conferma, dunque, la possibilità per l'Amministrazione Finanziaria di procedere, in tali circostanze, in "via induttiva".


Nella prassi professionale, si pone quindi per il contribuente il problema di determinare un valore di avviamento che possa essere ritenuto congruo da un punto di vista fiscale.
Spesso, in ottica prudenziale, si fanno coincidere le valutazioni aziendali con le valutazioni dell’ amministrazione finanziaria.
Nel caso non coincidano è comunque opportuno esporre le cause e le ragioni che hanno portato ad attribuire il valore di avviamento dichiarato.
L’Amministrazione Finanziaria ha infatti il potere di “dimostrare l’infedeltà” di quanto dichiarato dalle parti circa il valore dell’avviamento.
L’avviamento viene determinato dagli uffici, in sede di rettifica, assumendo la media dei redditi dichiarati o desunti dalla contabilità per 2 o 3 anni (a volte anche per un numero superiore a seconda dell’anzianità e dell’ubicazione dell’azienda). Un altro metodo consiste nella capitalizzazione ad un certo tasso dell’ultimo reddito dichiarato, ma è raramente applicato.
Si tratta di metodi empirici di valutazione, considerabili arbitrari, ma che riscontrano un’adozione diffusa nel sistema di calcolo per l’estrema semplicità di applicazione, facilmente adottabili anche da chi ha scarsa dimestichezza con la mutevole realtà aziendale e preferisce utilizzare soluzioni di calcolo standardizzate.
Criteri omogenei del valore di avviamento sono stati introdotti dal DPR 460 31/07/1996, pi sostituito dal D.L. n. 218 del 19/06/1997.
La giurisprudenza si è pronunciata in vari modi dimostrando comunque di preferire il criterio della capitalizzazione del reddito, ma non escludendo che si debbano considerare anche valutazioni che tengano conto delle specificità delle aziende prese in considerazione dal punto di vista di numerose variabili quali ad esempio la situazione locale dell’ubicazione in cui si trova l’azienda, oppure le relazioni con fornitori, clienti, collaboratori etc.
La capitalizzazione dell’ultimo reddito è un’entità concettualmente diversa dal valore complessivo dell’azienda. Di conseguenza la capitalizzazione del reddito non è fiscalmente accettabile ai fini della determinazione del valore dell’azienda.
Nel caso di trasferimento d’azienda, una volta accertati i costi e fatte le opportune deduzioni, la plusvalenza tassabile si configura come la differenza tra il valore fiscalmente corretto ai sensi dell’art. 86 del DPR n. 917/86 e il valore di trasferimento dell’azienda. Ove manchi il valore fiscalmente definito, costituisce avviamento e quindi plusvalenza tutto il valore che residua oltre i costi documentati.
Il valore di avviamento, considerato sia dal punto di vista delle imposte dirette che da quelle di registro, (la cui base imponibile data dal valore dichiarato dalle parti o corrispettivo pattuito) viene controllato dall’Amministrazione Finanziaria con riferimento al valore complessivo dei beni che compongono l’azienda, compreso quindi l’avviamento al netto delle passività risultanti dalle scritture contabili o da atti aventi data certa.
Non si fa luogo a tassazione dell’avviamento quando, in sede di trasferimento per successione, l’azienda cessa di esistere. Ciò in quanto la figura giuridica dell’avviamento si configura soltanto nell’ipotesi in cui, con il mutamento della persona dell’imprenditore, l’impresa continui la sua attività economica.

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